Un buon raccolto nei terreni dei beni confiscati significa molto per Agrorinasce, che da 25 anni valorizza beni sottratti alla camorra.
Agrorinasce li segue nel loro itinerario: dalla fase zero in cui arrivano (spesso vandalizzati, depauperati, abbandonati dopo lunghi anni di processi), alla fase di progettazione e quindi di recupero, alla fase di rinascita, quando vengono assegnati a cooperative, associazioni e producono i loro frutti.
Due grandi raccolti sono iniziati in questi giorni: da un lato, a “La Balzana” noto come il bene confiscato alla camorra più grande d’Italia, in particolare nel terreno di cui assegnatario con procedura di evidenza pubblica è la ditta agricola Antonio Corvino, è iniziata la raccolta del mais.
Contemporaneamente, poco distante dal complesso agricolo “La Balzana” a Santa Maria La Fossa, anch’esso confiscato alla camorra e gestito dalla cooperativa Eureka per il progetto “Vitematta” è iniziata la raccolta dell’uva, utile alla produzione del tradizionale Asprinio d’Aversa, oltre ad altre tipologie di vini.
Tutti i beni confiscati perseguono finalità sociali, di sviluppo territoriale e istituzionali, volte alla tutela delle fasce più deboli e al ripristino della cultura della legalità.
Il filo che lega questi due raccolti è la storia: una storia di riscatto. Marcel Proust nel suo celebre questionario, alla domanda “In quale paese vorresti vivere?” rispose “Nel paese dell’ideale, o meglio del mio ideale”. Ecco, l’ideale che traina il lavoro in questi campi è quello di vivere in un paese più giusto, di dimostrare che un’economia legale e sostenibile è possibile e anche più vantaggiosa di un’economia criminale.
Terreni che dopo un trascorso di gestioni criminali, sfruttamento ambientale e sociale, ora producono mais, uva e prodotti inseriti in una legittima filiera produttiva che asseconda la vocazione territoriale, ma ancor più che produce occupazione, sviluppo sociale, culturale, economico: le piccole rivoluzioni inaspettate in terra di mafie….